Storie – Francesco Manglaviti

manglaviti francesco

MANGLAVITI Francesco, nato il 25 dicembre 1917 a Ferruzzano (Reggio Calabria) 1a, 10Deceduto il 15 luglio 1944 1a, 10 – Sepolto a Francoforte sul Meno (Germania) – Cimitero militare italiano d’onore 1a – Posizione tombale: riquadro N – fila 3 – tomba 10 1b. Fonti: 1a, 1b, 10 – Giovanni Manglaviti (figlio).

Lettera inviata alla Redazione de «Il Messaggero» e pubblicata il 23 febbraio 2008.

Stimatissima Redazione, mi chiamo Giovanni Manglaviti, classe 1943 – orfano di guerra – e mi permetto di sottoporre alla Vostra cortese attenzione la presente nota con preghiera di farmi conoscere, qualora si ritenga meritevole, la Vostra qualificata e personale opinione.

Mio padre, Manglaviti Francesco classe 1917, dopo aver assolto agli obblighi di leva, ritornò al suo paese riprendendo il proprio lavoro di mulattiere e nell’estate del 1942 convolò a nozze con mia madre Vigilante Giulia. Subito dopo il matrimonio fu richiamato alle armi e mandato a servire la Patria nei Balcani, nel corpo della Regia Aeronautica. Dopo l’8 settembre, data fatidica per molti italiani, fu fatto prigioniero dai Tedeschi in terra di Croazia e deportato in Germania in uno dei tanti campi di concentramento e adibito ai lavori forzati, nutrito a pane e acqua. Dopo una brevissima corrispondenza epistolare con mia madre non si ebbero più sue notizie. Alla fine della guerra, nei registri dello stato civile del suo paese di residenza, risultò essere disperso in guerra.

Nei miei ricordi di infanzia mi aggrappai alla parola «disperso» sognando infinite volte il suo ritorno. Terminata l’età evolutiva mi diedi da fare perché volevo sapere, conoscere, dove, come, quando e del perché del suo non ritorno. Nel mio continuo chiedermi «perché» ebbi l’opportunità di sapere che nel paese «tal dei tali» vi abitava un anziano signore (reduce di guerra) che aveva condiviso con mio padre le sofferenze vissute nel campo di concentramento. Letteralmente mi precipitai in quel paese per conoscerlo e parlarci e di fatto fu loquace informandomi di tanti particolari della vita che si conduceva in quel campo e anche di quel giorno in cui la miniera di carbone dove lavoravano crollò e … Per me fu la fine delle mie speranze di poter un giorno conoscerlo, abbracciarlo e poterlo chiamare.

Da quel giorno ritrovare i resti mortali di mio padre e poterli riportare in Italia divenne per me un dovere e anche «un piacere». Diversi furono i miei viaggi a Roma presso gli uffici del Commissariato Generale Onoranze Caduti in Guerra, sito se non ricordo male in Piazzale Sturzo. Li ebbi conferma che la salma di mio padre riposava nel Cimitero Italiano di Francoforte. Alla mia richiesta di far esumare la salma e quindi fargli fare ritorno in Patria mi fu detto che la legge 9 gennaio 1951 (G.U. n°80 del 7 aprile 1951) stabiliva che le salme definitivamente collocate nei Sacrari militari non potevano essere più rimosse (la richiesta di esumazione poteva essere accolta solo prima dell’entrata in vigore della legge: ma chi mai è stato informato? Mia madre di sicuro non ricevette notizie dell’imminente tumulazione, ne tanto meno il Comune del paese dove risiedeva al momento della chiamata alle armi).

Al commissariato Generale mi fu detto che i congiunti dei Caduti (coniuge, genitori, figli, fratelli e sorelle) possono fruire una volta l’anno delle agevolazioni ferroviarie con riduzione del 40% dal paese di residenza al confine italiano. Sottolineo che abito in Calabria.

Solo nel 1997 io, con i miei due figli Francesco e Giulia potei economicamente prenotare il viaggio andata e ritorno in aereo con destinazione Francoforte – Germania.

La mia rabbia, per non poterlo portare in Patria, si placò nel momento in cui ebbi visione di come erano sistemate le circa 5.000 salme di Italiani contenute in quel cimitero (ordine, pulizia, prati inglesi ben rasati).

Dopo qualche anno la mia rabbia riesplose in modo enorme esattamente quando nel 1999 venni a conoscenza della Legge 14.10.1999 n°365 con la quale il sig. D’Alema, con il massimo disprezzo della Memoria dei Caduti in guerra, modificò la legge del 1951 dandomi si la possibilità del rimpatrio della salma di mio padre ma a condizione che avvenisse solo ed esclusivamente su mia richiesta e a mie spese e senza alcun aggravio per lo Stato Italiano. Non era meglio che la legge del 1951 rimanesse ancora vigente? Così legiferando ho io sulla coscienza di figlio il rimorso di non poterlo riportare in Patria. (Spese economiche a parte, dover affrontare la burocrazia italiana e quella tedesca!) Il sig. D’Alema ha fatto esattamente quel che fece Ponzio Pilato. Ignora però che se ricopre una carica politicamente così importante lo deve anche a quei soldati italiani che hanno dato la propria vita per tenere alto l’Onore della Patria e liberarLa dalla dittatura. Se per il sig. D’Alema questa legge è figlia della democrazia io dico che «si stava meglio quando si stava peggio». Un grazie sentito porgo a questa Redazione per aver avuto la pazienza di leggermi e soprattutto grazie se vorrà o potrà dare un seguito a questo mio sfogo informando l’opinione pubblica composta certamente da tanti figli di Caduti in guerra che ignorano quanto alto sia il disprezzo della memoria del proprio genitore da parte di certi politici a cui invece spetterebbe l’Alto Onore di difenderla. Con rispettosa osservanza Giovanni Manglaviti – Bovalino Marina (RC).

manglaviti francesco 2Aviere Francesco Manglaviti
 manglaviti francesco risp. min. dif.Risposta alla richiesta di rimpatrio presentata dal figlio nel 1968
manglaviti francesco cim. francoforte 
Riquadro N – Cimitero militare italiano d’onore di Francoforte sul Meno
 manglaviti francesco cim. francoforte 2Tomba di Francesco Manglaviti 
manglaviti francesco cim. francoforte 3Giovanni Manglaviti sulla tomba del padre
 manglaviti francesco cim. francoforte 4Giovanni Manglaviti con i figli a Francoforte nel 1997

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