LACAVA Leonardo, di Vito e Giordano Caterina, nato il 22 aprile 1909 ad Aieta (Cosenza) 1a, 10 – Contadino – Fatto prigioniero dopo l’8 settembre 1943 a Cefalonia ed internato in Germania – Deceduto il 18 dicembre 1944 alle ore 5.00 10 – Sepolto nel Cimitero militare italiano d’onore di Amburgo (Germania) 1a – Posizione tombale: riquadro 3 – fila H – tomba 13 1b. Fonti: 1a, 1b, 10 – Maria Lacava (figlia) – Professor Francesco Mandarano (Seregno – MB).
Ricostruzione dei congiunti e del Professor Francesco Mandarano
Il Soldato Leonardo Lacava, nato ad Aieta (Cosenza) il 22 aprile 1909, fu inviato a Cefalonia nel febbraio 1943.
Apparteneva alla 361a Batteria Cannoni del 188° Gruppo, 155/14 della divisione «Acqui».
Catturato dai tedeschi dopo la resa della divisione nel settembre 1943 fu inviato nello Stammlager di Fullen (Germania) dove morì per malattia il 18 dicembre 1944.
Ad Aieta lasciava la giovane moglie (29 anni) Raffaelina Moliterni e quattro figlie Caterina (10 anni) Maria (8 anni) Giuseppina (4 anni) Filomena (1 anno).
In seguito a ricerche svolte dal Professor Francesco Mandarano di Aieta, residente a Seregno (Monza e Brianza) era stata individuata nel dicembre 2011 la tomba del Lacava nel Cimitero Militare italiano d’Onore di Amburgo.
I familiari nel Novembre 2012 hanno fatto richiesta ad Onorcaduti per il rimpatrio dei resti in Italia e tale operazione si è conclusa il 25 Settembre 2013 alle Fosse Ardeatine a Roma, dove 5 nipoti e 2 pronipoti hanno ritirato la cassetta, avvolta nel tricolore, con i resti del nonno.
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Soldato Leonardo Lacava
Verbale di decesso del Soldato Leonardo Lacava
(segue traduzione)
Comitato Internazionale della Croce Rossa di Ginevra Agenzia Centrale dei Prigionieri di Guerra
Comitato Internazionale della Croce Rossa di Ginevra Verbale di decesso
Soldato Lacava Leonardo, nato ad Aieta (Cosenza) il 22 aprile 1909 – Matricola 61577 / Stalag di assegnazione VI/C – Deceduto presso lo Zweiglager di Fullen (Distretto di Meppen / Ems) il 18 dicembre 1944 alle ore 5.00. Causa della morte: tubercolosi – Inumato nel cimitero dello Zweiglager di Fullen – Posizione tombale: terzo campo a sinistra / quinta fila / tomba XVI.
Aveva solo un rammarico, quello di non essere riuscito ad abbracciare sua moglie e i suoi figli per l’ultima volta, prima di morire. A loro pensava continuamente, con trasporto e commozione.
I tentativi dei medici di salvarlo furono resi vani da un repentino peggioramento della situazione clinica (malato di TBC), che ha portato al decesso. Si è addormentato ed è spirato senza sofferenza, dopo aver ricevuto l’estrema unzione dal sacerdote del campo.
La sepoltura è avvenuta nel cimitero di Fullen (terzo campo a sinistra, quinta fila, sedicesima tomba) alla presenza dei compagni.
Sulla tomba è stata posta una croce in legno con incisi, nome, cognome, data di nascita e di morte. Questa croce dà dignità al luogo e alla sepoltura.
Cappellano: Scubla Don Giuseppe / matricola 108660
Medico capo: Biffi Giovanni / matricola 108661
Fiduciario: Francesco Bertozzi / matricola 62032
Lettera scritta da Maria Chiara Oliva (pronipote del Caduto) e letta in occasione del rientro delle spoglie.
«Ce l’abbiamo fatta» è quel che ci siamo detti al telefono io e mia nonna giorni fa. Si trattava di accorciare le distanze, di dare un posto a quella persona che da anni abitava soltanto nella nostra memoria.
Avevo quattro anni quando per la prima volta ho sentito parlare di lui, e da quel momento, quasi ogni sera, quando ce ne stavamo davanti al camino le chiedevo «Mi racconti la storia della guerra? » Abbassava la testa, poggiava le sue mani stanche sulle ginocchia e capivo quanto faticoso potesse esser per lei ripercorrere quel periodo. Ma a me quella storia piaceva, e i miei capricci vincevano su tutto.
Mi raccontava del coraggio della madre nel crescere quattro piccole bambine, dei sacrifici ancora più grandi a causa della mancanza di un marito, di una recita fatta con il vestito del lutto, di piedi tinti nero, di cene intorno a una sedia, dei tanti pianti silenziosi di una giovane sposa. A questo punto era solita introdurre l’argomento delle lettere: lettere che suo padre inviava a casa. La sua voce diventava quasi impercettibile nel pronunciare la chiusura dell’ultima che era stata loro recapitata, prima di non ricevere più e per sempre sue notizie: «Ora ti devo salutare, ho un forte mal di testa». Ogni volta, e in quel preciso momento, capivo che non sarebbe più tornato a casa: era morto.
In me c’era l’ingenua convinzione che quel finale potesse essere cambiato. «Magari adesso mi dice che è tornato» pensavo. Ma la storia non cambiava: non sarebbe tornato a casa dalla Grecia. Fatto prigioniero dai tedeschi e internato in Germania, avrebbe trascorso lì i suoi ultimi giorni con un unico desiderio: abbracciare la moglie e le figlie, figlie delle quali una non conoscerà mai.
E io la guardavo, affascinata dalle sue parole e da quel suo modo di riportarlo ogni volta in vita con la commozione.
Mercoledì 25 settembre, per mia nonna e per le sue tre sorelle si è realizzato un sogno: la salma del padre è ritornata in Italia. Vorrei ricordare anche gli altri undici soldati caduti in territori stranieri, i quali insieme al mio bisnonno si trovavano lì quella mattina, significativamente, nel luogo simbolo della Resistenza: le Fosse Ardeatine a Roma. Dodici feretri avvolti nella bandiera italiana nel posto dell’eccidio di 335 prigionieri da parte delle truppe tedesche.
Il mio pensiero in questa giornata va a loro, alle mie zie Caterina, Filomena, Giuseppina e a mia nonna Maria. Quattro donne forti, le quali hanno conosciuto la brutalità della guerra e la disumanità della miseria, e che nonostante tutto hanno condotto una vita onesta e dignitosa, risollevandosi dalla loro condizione iniziale per costruire qualcosa che a loro era sempre mancato: una famiglia.
Il mio affetto va sempre a loro, poiché finalmente, dopo anni di assenze e di incertezze, potranno portare un fiore sulla tomba del padre. Le figlie ringraziano il professor Francesco Mandarano, poiché senza la sua dedizione e il suo sincero interesse tutto questo oggi non sarebbe stato possibile.
Un ringraziamento anche ai parroci Don Biagio Russo e Don Antonello, i quali hanno partecipato con la fede all’intera vicenda. Si ringrazia il sindaco Giovanni Ceglie, l’amministrazione comunale e le autorità civili e militari per la loro disponibilità nel rendere questa giornata memorabile.
Si ringrazia Roberto Zamboni per aver dedicato parte del suo tempo al rimpatrio di alcuni soldati italiani.
Un sincero ringraziamento a tutta la cittadinanza la quale ben conosce la storia della nostra famiglia ed è qui presente e, infine, un ringraziamento al Dottor Villani: le sue parole e l’esperienza del padre, unico superstite della Divisione Aqui, sono state per noi di grande conforto.