SCIROCCO Giuseppe, nato il 31 agosto 1908 a Priverno (Latina) 1a, 10 – Deceduto il 9 settembre 1944 – Sepolto nel Cimitero militare italiano d’onore di Monaco di Baviera (Germania) 1a – Posizione tombale: riquadro 5 – fila 11 – tomba 71 1b . Fonti: 1a, 1b, 10 – Christian Pasquali (nipote) – Figlie del caduto.
Del giorno in cui nostro padre partì non ricordiamo molto in quanto eravamo molto piccole.
Io avevo solo un anno e mia sorella Camilla tre. Ricordiamo però la nostra triste infanzia travagliata dagli avvenimenti della guerra e dalla consapevolezza di non avere un padre accanto disposto a guidarci nelle varie scelte che la vita ci poneva di fronte.
Egli, infatti, comunicava con noi solo attraverso delle lettere che nostra madre, la quale non sapeva né leggere né scrivere, faceva leggere a zia Rosina. Ci raccontava di come passava le giornate, della difficile vita in trincea e di quanto gli mancavano gli affetti familiari, ma anche delle amicizie che aveva stretto durante la guerra (in particolare con due commilitoni di Sezze e di Cori), di come un cappellano militare riuscisse a infondergli coraggio e gli desse la forza di andare avanti nonostante tutto, o di come in Germania avesse imparato a bere birra, a quel tempo difficile da trovare in Italia.
Ma soprattutto ci avvertiva dei suoi spostamenti: prima a Savona, poi in Francia e infine in Germania. La sua vita era molto difficile ma la nostra non era da meno.
Nostra madre era costretta ad andare a lavorare in campagna perché con la sola pensione del governo non riusciva a sostenere le spese di famiglia. Io, invece, ero stata mandata in collegio in quanto ero troppo piccola per lavorare con la mamma come faceva mia sorella. Molto spesso indossavamo dei vestiti usati, di seconda mano perché nonostante i sacrifici che faceva nostra madre non riuscivamo a permetterci nulla in più di ciò che già avevamo. A scuola la situazione non era delle migliori. Quando per Natale o per la festa del papà gli altri bambini facevano dei disegni o scrivevano delle letterine con la maestra, noi venivamo sempre messe in disparte e sapevamo benissimo il perché.
Soldato Giuseppe Scirocco
Giuseppe Scirocco durante la Grande Guerra
Perché noi eravamo le uniche della classe a non avere un papà che ci abbracciasse nei momenti di sconforto, che ci desse il bacio della buonanotte o ci rimboccasse le coperte ogni sera prima di andare a dormire.
Non avevamo un papà a cui far vedere i nostri disegni.
Ricordiamo, inoltre, il giorno in cui nostro padre tornò a casa avendo ricevuto tre giorni di licenza.
Era l’8 dicembre 1942 ed era tornato per la morte di sua madre Antonia Bilancia.
Nonostante la triste notizia della morte della nonna, noi eravamo contentissime perché finalmente potevamo passare un po’ di tempo con nostro padre.
Ma purtroppo il 10 dicembre, il giorno in cui doveva ripartire, arrivò molto presto.
Tomasa Picone e il marito Giuseppe Scirocco
Egli era triste. Sapeva che molto probabilmente non sarebbe tornato, non avrebbe più rivisto sua moglie e le sue figlie. Infatti quella fu l’ultima volta che lo vedemmo.
Il periodo in Germania fu nero.
Non ricevevamo molte lettere da nostro padre e la maggior parte delle notizie dal fronte le ricevevamo grazie ai commilitoni di Sezze e di Cori i quali,avendo a disposizione molte più licenze, portavano i panni a lavare da nostra madre.
Ella si impegnò affinché nostro padre tornasse a casa per sempre. Inviò al ministero della difesa di Roma un esonero che avrebbe dovuto far tornare a casa il papà dal momento che aveva due figlie piccole da crescere.
Ma la richiesta non venne accettata dal ministero e nessuno poté aiutare la nostra famiglia per farlo tornare a casa. La situazione della guerra stava gradualmente peggiorando.
Avevamo molta paura e la mamma ci portava a ripararci al «ricovero» ogni volta che sentivamo degli aerei da caccia passare sui nostri cieli.
In questo periodo venne anche bombardata una zona vicino casa nostra.
Quando la guerra era ormai quasi giunta al termine, lo Stato (tramite una lettera) ci informò che nostro padre era disperso;
i due commilitoni ci dissero, invece, che era già morto, che era stato per un periodo di tempo in ospedale dopo che degli aerei bombardarono la zona. Solo dieci anni dopo ci avvertirono della morte certa di nostro padre ma non sapevamo dove fosse sepolto.
Nel 1992 ci dissero che era stato sepolto in Germania, molto più precisamente a Monaco di Baviera, ma che non poteva assolutamente essere spostato da lì perché faceva parte di una zona monumentale.
Nel frattempo il comune di Priverno costruì un monumento ai Caduti della guerra del 15-18 ed inserì anche una targa in onore di nostro padre.
Questo però non ci restituiva di certo il corpo del nostro papà.
Il nostro desiderio era quello di riportare il suo corpo nel cimitero del nostro paese per poter almeno poggiare un fiore sulla sua tomba, ma a quanto pare tutto ciò era impossibile!
Dal momento che, dopo la caduta del muro di Berlino, alcune famiglie del paese riuscirono a riportare i loro Caduti (sepolti a Redipuglia) a casa si riaccese in noi la speranza.
Così dopo molti anni di peripezie per riportare nostro padre a casa, finalmente siamo riusciti ad avere una tomba su cui piangere la perdita prematura del nostro amato papà».