Anche i parenti di Carmine sono finalmente venuti a sapere che il loro caro non è un “disperso”.
Tutto ciò grazie a quelle amministrazioni comunali (in questo caso Aiello del Sabato – Avellino) che, sollecitate, stanno cercando e rintracciando piano piano i parenti di tutti questi nostri Caduti nonostante le difficoltà (molto spesso i congiunti sono emigrati in altri comuni, province o addirittura si sono trasferiti all’estero).
Bungiorno signor Roberto Zamboni,
sono Patrizia Picariello nipote di Picariello Carmine deceduto nel Campo di concentramento di Bergen Belsen e attualmente sepolto nel cimitero di Amburgo. Tutte queste notizie le abbiamo avute dall’elenco dei caduti da lei diffuso tramite il sito “Dimenticati di Stato” in seguito ad una telefonata pervenuta da un funzionario del comune di Aiello del Sabato in provincia di Avellino. L’impiegata del comune ci ha subito avvertiti e per noi è un momento di grande gioia ed anche di stupore visto che mio padre aveva cercato per tanto tempo rivolgendosi al Ministero, andando anche a Redipuglia per vedere se il nominativo poteva essere inserito nel sacrario … ma l’unica consolazione fu una medaglia d’onore in memoria del Fante Picariello Carmine nato il 31 gennaio 1909.
Ora sapere che i resti del nostro nonno si trovano in Germania e che c’è la possibilità del rimpatrio è una bellissima notizia […]
Carmine Picariello, nato il 31 gennaio 1909 ad Aiello del Sabato (Avellino) era un soldato del 260° Reggimento di Fanteria e venne catturato dai tedeschi a Fiume il 19 settembre 1943. Internato negli Stalag X B di Sandbostel (matricola 196156) e poi trasferito allo Stalag XI B di Fallingbostel, ad una trentina di chilometri da Bergen Belsen. Deceduto a Bergen Belsen (Bassa Sasonia) per malattia il 13 dicembre 1944, le sue spoglie furono esumate e traslate ad Amburgo / Hauptfriedhof Öjendorf / Cimitero militare italiano d’onore (Germania) alla posizione tombale: riquadro 1 / fila F / tomba 31 dove si trovano tuttora. Fonti: Ministero della Difesa, Archivio Anrp, Deutsche Dienststelle (WASt). Fotografia gentilmente concessa per la pubblicazione dalla Dott.ssa Rosina Zucco (Anrp).
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Fante Picariello Carmine – riquadro 1 / fila F / tomba 31 (foto M. W.)Riquadro 1 (foto M. W.)
Qualche tempo fa, ho pubblicato la storia di Alberto Roscini e del figlio Franco che caparbiamente era riuscito ad individuare le spoglie del padre con l’esame del dna e a farle rientrare nella sua città natale (Storie – Alberto Roscini).
Franco ora mi contatta facendomi presente che anche un altro dei caduti che erano stati inumati in prima sepoltura con il padre è stato riconosciuto tramite il dna.
Anche le Spoglie di questo Caduto sono finalmente tornate a casa.
Si tratta di Bellucci Enrico, nato il 19 febbraio 1915 a Città di Castello (Perugia). Soldato della 22a Compagnia Genio (Genio e Chimici). Deceduto il 12 aprile 1945 a Bensberg a causa di un bombardamento aereo. Inumato in prima sepoltura a Bensberg, in fossa comune con 10 caduti italiani, venne esumato e traslato come ignoto in una delle sepolture del riquadro 3 – fila Z – tombe dalla 49 alla 57 e 66. Esumato e fatto l’esame del dna con riconoscimento dei resti nel maggio del 2015 (si trattava del Caduto sepolto alla tomba n° 52). Fonti: Ministero della Difesa, Archivio Anrp, Franco Roscini (Perugia).
Alle volte servono anni, anzi decenni, per riallacciare quei fili che a causa della guerra si erano sciolti.
Chi la fa da padrone sono i legami di sangue che piano piano riemergono, a volte dopo alcune generazioni, e si fanno sentire.
Anche se si tratta di un nonno, di un bisnonno o di un lontano parente, senti che devi trovare quel tassello mancante perché il cerchio famigliare possa chiudersi. E fino a quando non lo trovi, ti rendi conto che “al tuo tavolo manca una gamba”.
Fortunatamente, la tecnologia aiuta molto ed Internet azzera le distanze.
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Ushuaia (Terra del Fuoco – Argentina), 15 novembre 2015
Busco familia de mi abuelo Umberto Filici, nacido en 1907 en Carlopoli CZ. Fue alistado para la guerra y la ultima ubicacion fue aproximadamente para el ’43 hacia un campo de prisioneros. Mi abuela emigró con sus tres hijos hacia la Argentina en el ’51 y nunca tuvimos contacto con la familia de mi abuelo. Necesito saber que pasó con él.
Cerco la famiglia di mio nonno Umberto Filici, nato nel 1907 a Carlopoli (Catanzaro). Fu richiamato in guerra e circa nel 1943 si trovava in un campo di prigionia. Mia nonna emigrò con i suoi tre figli in Argentina nel 1951 e non abbiamo mai avuto contatti con la famiglia di mio nonno. Vorrei sapere che cosa gli accadde.
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Dopo un controllo, constatai che, purtroppo, di Umberto Filici, nato nel 1907 a Carlopoli, non risultava nulla.
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Caro Roberto, ti ringrazio molto per la risposta. Confesso che non volevo scriverti in privato per non farti perdere tempo con la mia storia, che è simile a quella di tante persone nel mondo. Seguo la tua pagina da qualche tempo e prima di scriverti ho cercato informazioni su molti altri siti. Ti racconterò brevemente la mia storia in spagnolo perché il mio italiano scritto non è molto buono. Il prossimo primo dicembre compirò cinquant’anni, ho un solo figlio di quattordici anni che si chiama Rocco e che purtroppo mio padre Antonio Francesco Filici non ha potuto conoscere. Mio papà è il primo figlio di Umberto Filici e Ottavia Gullà (che era nata il 13 giugno del 1903). Era nato a Isola Capo Rizzuto l’8 giugno 1933, dove poi è nata anche mia zia Serafina Francesca e molti anni dopo, Giuseppe Antonio. Mia nonna con i suoi tre figli emigrò in Argentina nel 1951, a casa di suo fratello maggiore Carmelo Gullà. Mio padre aveva diciassette anni.
Con il passare del tempo conobbe mia madre e nel 1964 si sposarono. Mia nonna Ottavia morì a Beunos Aires nel 1973, e da quanto ricordo si era sempre parlato della famiglia di mia nonna ma mai di quella di mio nonno. Ora, ricordando la mia infanzia, sento che forse il mio papà si era forse fantasiosamente ricostruito un’immagine di suo padre e del suo passato. Naturalmente era esistito! Ma non trovando un minimo di dati o informazioni in questo momento mi fa pensare che la sua storia non fosse vera. Ho una foto di quando il nonno ha fatto il servizio militare e una foto con tre compagni in uniforme.
Umberto Filici (il secondo da sinistra)
Mio papà mi diceva che suo padre era partito per la guerra e non era più tornato, ma non mi ha mai raccontato dei suoi nonni o se aveva fratelli o dove viveva. […] Mio padre tornò in Italia solamente una volta nel 1981 e mi raccontò di zie e cugini, ma sempre della famiglia di mia nonna. La maggior parte di loro vive a Crotone, non abbiamo nessuna relazione, ma in caso di contatto, sarebbero i benvenuti. Mio padre è morto il 9 febbraio 2000 e sento che “al mio tavolo manca una gamba”. Se il destino vuole, mi piacerebbe trovare qualcuno che mi racconta chi era mio nonno Umberto. Ti ringrazio molto per aver letto queste righe. Il tuo lavoro è di molto aiuto per tutti quelli che stanno nella mia situazione. A presto!
Rosana Filici
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Colpito da questa storia, ripresi in mano la documentazione del Vaticano.
Cara Rosana,
sono andato a rivedere le schede di ricerca del Vaticano e ne ho trovata una che potrebbe riguardare tuo nonno. Forse per un errore di trascrizione, sulla scheda è riportato il cognome sbagliato (FILICE e non FILICI). Si tratta di Filice Umberto che nel 1941 si trovava in Eritrea e probabilmente era stato fatto prigioniero e portato in Egitto (la scritta E. 5/L significa Elenco 5 lettera L; questo elenco riportava i nomi di 49 prigionieri in Egitto con notizie, in data 9 luglio 1941, tra questi Filice Umberto). Il 9 ottobre 1941 erano state comunicate notizie su questo prigioniero a F. M. di Carlopoli (Catanzaro). Non so se si tratti effettivamente di tuo nonno, ma molte cose combaciano. Un abbraccio.
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Buenos Aires, 16 novembre 2015
Roberto Buongiorno, non puoi immaginare il mio stupore. Ancora il mio cuore sta battendo forte perché si tratta proprio di mio nonno. Ti ringrazio di cuore per aver trovato il tempo di aver approfondito la ricerca per aiutarmi. Mio padre mi diceva sempre che il nonno era stato catturato e tenuto prigioniero in India. Con il dato “sbagliato” nel suo nome sono arrivata al sito http://www.powinindia.it/ dove finalmente l’ho trovato.
Serg. FILICE UMBERTO, morto il 18/11/1943
Mi ha causato molto dolore sapere che è stato catturato nel 1941 e che fino alla morte (non so in che circostanza) nel 1943, avrà sofferto la solitudine, l’esilio e la disperazione. Non riesco a capire tanta malvagità. Però, d’altra parte, “la gamba del tavolo” adesso l’ho trovata e posso guardare avanti per cercare il resto della famiglia. Suppongo che M. F. sia stata sua madre. Continuerò a cercare e t’informerò delle novità. Grazie mille per il tuo aiuto !!! Rosana
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Cara Rosana, questi sono i dati che ho recuperato:
FILICE Umberto, nato il 22 febbraio 1913 a Carlopoli (Catanzaro). Sergente. Fatto prigioniero dagli inglesi in Eritrea nel 1941. Trasferito prima in Egitto e poi in India. Morto il 18 novembre 1943 e sepolto a Bairagarh (sobborgo di Bhopal – India). Esumato e traslato a Bombay (ora Mumbai) / “Sewree” Cimitero cristiano – Sacrario Militare. Ti allego alcune foto del cimitero e alcune note.
Un abbraccio. Roberto
Bombay – Cimitero cristiano – Sullo sfondo veduta del tempio votivo dedicato ai Caduti italiani
Bagolino è un tranquillo paese della provincia di Brescia di neanche 4000 anime nella Comunità Montana della Valle Sabbia. Come tutti i comuni italiani, anche Bagolino dovette pagare un alto prezzo in termini di vite umane a causa della Seconda Guerra mondiale.
Tra i militari bagossi (così si chiamano gli abitanti di Bagolino), ce ne sono alcuni che, fatti prigionieri dai tedeschi dopo l’8 settembre 1943, finirono internati in Germania e Polonia. Di loro, come di migliaia di altri soldati italiani, se ne persero le tracce ma ne rimase fortemente viva la memoria.
Verona, 4 aprile 2015 – Alla cortese attenzione del Signor Sindaco di Bagolino (Brescia) – Egregio Signor Sindaco, in relazione alla ricerca in oggetto, allego lettere esplicative e dati dei Caduti nati nel comune da Lei amministrato. Auspicando nella sua collaborazione, Le invio un cordiale saluto.
Roberto Zamboni
Allegati: Lettera ai sindaci relativa alle ricerche dei parenti di Caduti in guerra, lettera per i parenti dei Caduti rintracciati – Note, dati del Caduto o dei Caduti sepolti nei cimiteri militari italiani d’onore.
Dal Sindaco e dall’amministrazione tutta ricevetti la conferma che, con l’aiuto dell’Associazione Alpini, si sarebbe fatto il possibile per cercare ed informare i parenti dei caduti che i loro cari non erano dei “dispersi” ma che avevano trovato degna sepoltura in un cimitero militare.
Dopo pochi giorni si era già risaliti ai nominativi di alcuni familiari dei Caduti, che sarebbero stati convocati per spiegare l’iter da seguire per il possibile rimpatrio.
Ancora qualche mese e …
Bagolino (Brescia), 3 novembre 2015
Ritengo doveroso informarla del buon esito del rimpatrio dei nostri caduti. Lo scorso ottobre sono stati rimpatriati nr. 4 soldati da Francoforte, e nelle prossime settimane dovrebbe arrivare l’ultimo caduto dalla Polonia. L’associazione Alpini, i famigliari, il nostro parroco e l’amministrazione sta organizzando la cerimonia funebre e la tumulazione presso il cimitero di Bagolino, che dovrebbe avvenire il prossimo sabato 21 novembre. Un cordiale saluto.
N. M.
Questi i nominativi dei cinque caduti di Bagolino:
Foglio Rocco fu Gaetano, nato il 19 febbraio 1916 a Bagolino. Soldato dislocato presso il Quartier Generale. Fatto prigioniero dai tedeschi ed internato in Germania. Deceduto a Baumholder (Renania-Palatinato) il 25 febbraio 1945 in seguito a bombardamento. Sepolto a Francoforte sul Meno / Friedhof Westhausen / Cimitero militare italiano d’onore (Germania). Posizione tombale: riquadro H / fila 2 / tomba 19. Fonti: Ministero della Difesa, Archivio Anrp, Inter Arma Caritas – L’Ufficio Informazioni Vaticano per i Prigionieri di Guerra (schede di ricerca).
Foglio Serafino, nato il 21 giugno 1921 a Bagolino. Soldato di Cavalleria del 2° Reggimento Piemonte Reale. Fatto prigioniero dai tedeschi ed internato in Germania. Deceduto a Dortmund l’8 luglio 1944. Inumato in prima sepoltura nel Cimitero centrale di Dortmund (Hauotfriedhof am Gottesacker). Esumato e traslato a Francoforte sul Meno / Friedhof Westhausen / Cimitero militare italiano d’onore (Germania). Posizione tombale: riquadro o / fila 11 / tomba 6. Fonti: Ministero della Difesa, Archivio Anrp.
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Fusi Daniele fu Giacomo, nato il 21 aprile 1921 a Bagolino. Soldato del 9° Reggimento di Artiglieria Divisionale Fanteria “Brennero”. Fatto prigioniero dai tedeschi sul fronte greco-albanese ed internato in Germania. Deceduto a Dortmund il 21 marzo 1944. Inumato in prima sepoltura nel Cimitero centrale di Dortmund (Hauotfriedhof am Gottesacker). Esumato e traslato a Francoforte sul Meno / Friedhof Westhausen / Cimitero militare italiano d’onore (Germania). Posizione tombale: riquadro M / fila 5 / tomba 32. Fonti: Ministero della Difesa, Archivio Anrp, Deutsche Dienststelle (WASt), Inter Arma Caritas – L’Ufficio Informazioni Vaticano per i Prigionieri di Guerra (schede di ricerca).
Pellizzari Luigi, nato il 5 ottobre 1916 a Bagolino. Soldato del 57° Reggimento di Fanteria. Fatto prigioniero dai tedeschi ed internato in Germania. Deceduto il 25 dicembre 1944. Sepolto a Francoforte sul Meno / Friedhof Westhausen / Cimitero militare italiano d’onore (Germania). Posizione tombale: riquadro H / fila 3 / tomba 29. Fonti: Ministero della Difesa.
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Lombardi Pietro, nato il 26 maggio 1920 a Bagolino. Soldato della 4a Compagnia Genio (Genio e Chimici). Fatto prigioniero dai tedeschi ed internato in Polonia. Deceduto a Zgorzelec / Görlitz (Voivodato Della Bassa Slesia) il 24 marzo 1945. Inumato in prima sepoltura nel Cimitero di Görlitz Moys / Cimitero dello Stalag / Seindenberg Strasse. Esumato e traslato a Bielany-Varsavia / Cimitero militare italiano (Polonia). Fonti: Ministero della Difesa, Archivio Anrp, Deutsche Dienststelle (WASt).
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Tratto dalla pagina Facebook Monte Maniva – Fotografie di @Lorenza Fusi
Oggi 27/10/2015 sono giunte a Bagolino le salme di 4 soldati bagossi (Rocco Foglio Barnì, Serafino Foglio Föi, Luigi Pelizzari Bösögn, Daniele Fusi Sciöpècc) morti in Germania nel corso della Seconda Guerra Mondiale. La quinta salma, di Pietro Lombardi Farenù, deceduto in bassa Slesia, deve ancora arrivare dal cimitero di Bielany, Polonia. I corpi dei cinque militari furono riconosciuti grazie ad un attento e minuzioso lavoro, e grazie a ciò furono sepolti con il nome nei cimiteri militari italiani d’onore di Francoforte sul Meno (Germania) e di Bielany (Polonia). Le salme, accolte dai famigliari, sono temporaneamente conservate nella chiesetta di Sant’Antonio a Bagolino, in attesa di una cerimonia ufficiale e della sepoltura a Bagolino.
Fotografie gentilmente fornite per la pubblicazione da Lorenza Fusi
Nicolini Giuliano, nato il 25 marzo 1913 a Stresa (VB). Tenente del 114° Battaglione Guardia alla Frontiera. Dislocato nei Balcani. Nominato Capitano dal 1° gennaio 1943. Fatto prigioniero dopo l’8 settembre 1943 ed internato a Deblin-Irena (Stalag 307 – poi Oflag 77), Wsuwe, Oberlangen, Sandbostel e Wietzendorf (Oflaf 83). Inviato per punizione, assieme ad altri 43 ufficiali, nel campo di rieducazione al lavoro di Unterlüss (campo satellite dipendente dal KZ di Bergen Belsen – gestito dalle SS). Deceduto il 6 aprile 1945 a Dannenberg – Unterlüss, distretto di Celle. Sepolto a Unterlüss (Bassa Sassonia). Nei primi anni ’50 fatto esumare e traslato nel Cimitero comunale di Stresa. Insignito della Medaglia d’Argento al Valor Militare. Il 25 aprile 1972 il Comune di Milano lo ha onorato come Martire per la libertà. Nel 1974 il Consiglio regionale del Piemonte lo ha riconosciuto “Deportato politico nei campi nazisti e Combattente per la Libertà”. Il 2 giugno 2015 gli è stata conferita la Medaglia d’Onore.
Stresa (VB), 15 novembre 2015
Il 24 febbraio 1945 duecentoquattordici ufficiali internati dal mese di settembre 1943 in vari campi in Germania e Polonia, dopo essere stati trasferiti dall’Oflag 83 di Wietzendorf ad un campo civetta presso l’aeroporto di Dedelsdorf, rifiutano il lavoro coatto per la Wermacht tedesca. Appellandosi con decisione alla Convenzione di Ginevra, il gruppo organizza un ammutinamento. Per sbloccare la situazione la Gestapo sceglie a caso ventuno ufficiali destinati alla fucilazione. A questa sfida, rispondono altri quarantaquattro ufficiali, che si sostituiscono volontariamente ed eroicamente ai compagni. La Gestapo, fortemente disorientata da questo gesto, commuta la scelta dei quarantaquattro ufficiali italiani con l’immediato trasferimento presso lo Straflager di Unterlüss, un campo KZ “di rieducazione al lavoro” destinato ai criminali e ai disertori di razza ariana: un metodo per sfruttare fino in fondo il loro lavoro e lasciarli morire di stenti. Per sei settimane saranno testimoni e protagonisti di fatti orrendi, della fame più nera, esposti al freddo più penetrante, all’attacco dei pidocchi, alle malattie e alla violenza più inaudita: una situazione degna del più terribile girone infernale dantesco nella più completa mancanza di igiene, di cibo e cure. Sei ufficiali muoiono ad Unterlüss, tra di essi il tenente Giuliano Nicolini, di Stresa, che viene percosso a morte da un sorvegliante ucraino di nome Ivan con il viso sfregiato. Nicolini aveva trentadue anni, era diplomato alla Regia Scuola Enologica di Alba e collaborava nell’azienda di famiglia che commerciava in vini. Si rifiutò sempre di collaborare con i tedeschi, le sue condizioni di salute erano diventate molto precarie e il suo fisico estremamente debilitato. Alla sua memoria fu conferita la medaglia d’argento al valor militare e il suo corpo, sepolto frettolosamente avvolto in una coperta in un campo all’esterno del lager, fu ritrovato dopo la liberazione dal maggiore Paolo Diverio suo compagno di prigionia e anch’egli di Stresa. L’economo del lager, Otto Wahl, che era stato testimone delle percosse e della morte, aveva fatto segnalare e custodire la tomba fino al ritorno del maggiore Diverio che all’inizio degli anni Cinquanta aveva accompagnato il corpo a Stresa dov’è sepolto. L’atto di eroismo, poco noto, è stato commemorato ad Avigliana nel settantesimo anniversario in una cerimonia organizzata dal Comune, dall’ANPI locale e da Andrea Parodi, nipote di Carlo Grieco, uno degli eroi che aveva vissuto per molti anni ad Avigliana. Erano presenti circa una cinquantina di parenti degli eroi provenienti da varie regioni d’Italia.
Ambretta Sampietro (nipote del tenente Giuliano Nicolini)
26.09.1945 – Lettera spedita ai compagni di prigionia del tenente Nicolini da Paolo DiverioLettera di Otto Wahl (economo del lager) inviata al padre del Tenente Nicolini
Bianconi Angelo, nato a Montorio il 2 febbraio 1920. Soldato del 331° Reggimento di Fanteria. Fatto prigioniero dai tedeschi dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 sul fronte greco. Dato per disperso in data 11 febbraio 1944.
Imbarcato con altri 4.000 prigionieri italiani sul Piroscafo Oria l’11 febbraio 1944 a Rodi (Grecia) per il Pireo. Il giorno successivo il piroscafo affondò presso Capo Sounion, dopo essersi incagliato nei bassi fondali nei pressi dell’isola di Patroklos. Su 4.000 naufraghi se ne salvarono 37. Negli elenchi d’imbarco risulta anche Angelo Bianconi.
Documento tratto da: Archivium Secretum Vaticanum / Cav 52: «Inter Arma Caritas» – L’Ufficio Informazioni Vaticano per i prigionieri di guerra, istituito da Pio XII (1939-1947) – A cura di Francesca Di Giovanni e Giuseppina Roselli. Presentazione di Sergio Pagano (2004) – Volume 2 / Documenti: schedario digitalizzato (schede di ricerca in formato digitale, dei militari e dei civili di cui si chiesero notizie tra il 1939 e il 1947). E. 830/A-D: notizie circa l’affondamento di un piroscafo italiano presso le coste greche avvenuto il 12 febbraio 1944. – E. 830/A: nominativi dei 4000 militari imbarcati a Rodi l’11 febbraio 1944. – E. 830/B: relazione sull’affondamento della nave naufragata e nominativi degli 8 superstiti, trasmessi dalla Commissione per la tutela degli interessi degli italiani nel Dodecaneso, 5 agosto 1946. – E. 830/C: lettera inviata da un superstite del naufragio e richiesta di sussidio, 7 ottobre 1946. – E. 830/D: particolari sul naufragio e nominativi di 4 militari superstiti deportati ad Atene, prigionieri dei tedeschi.
Pochi sanno del naufragio del piroscafo norvegese Oria e degli oltre 4000 militari italiani che vi hanno perso la vita.
La nave di 2000 tonnellate, varata nel 1920, requisita dai tedeschi, salpò l’11 febbraio 1944 da Rodi alle 17,40 per il Pireo. A bordo più di 4000 prigionieri italiani che si erano rifiutati di aderire al nazismo o alla RSI dopo l’Armistizio dell’8 settembre 1943, 90 tedeschi di guardia o di passaggio e l’equipaggio norvegese.
L’indomani, 12 febbraio, colto da una tempesta, il piroscafo affondò presso Capo Sounion, a 25 miglia dalla destinazione finale, dopo essersi incagliato nei bassi fondali prospicienti l’isola di Patroklos (in Italia erroneamente nota col nome di isola di Goidano).
I soccorsi, ostacolati dalle pessime condizioni meteo, consentirono di salvare solo 37 italiani, 6 tedeschi, un greco, 5 uomini dell’equipaggio, incluso il comandante Bearne Rasmussen e il primo ufficiale di macchina.
L’Oria era stipata all’inverosimile, aveva anche un carico di bidoni di olio minerale e gomme da camion oltre ai nostri soldati che dovevano essere trasferiti come forza lavoro nei lager del Terzo Reich.
Su quella carretta del mare, che all’inizio della guerra faceva rotta col Nord Africa, gli italiani in divisa che dissero no a Hitler e Mussolini vennero trattati peggio degli ignavi danteschi nella palude dello Stige: non erano prigionieri di guerra, di conseguenza senza i benefici della Convenzione di Ginevra e dell’assistenza della Croce Rossa. Allo stesso tempo, poi, il loro sacrificio fu ignorato per decenni anche in patria.
Nel 1955 il relitto fu smembrato dai palombari greci per recuperare il ferro, mentre i cadaveri di circa 250 naufraghi, trascinati sulla costa dal fortunale e sepolti in fosse comuni, furono traslati, in seguito, nei piccoli cimiteri dei paesi della costa pugliese e, successivamente, nel Sacrario dei caduti d’Oltremare di Bari. I resti di tutti gli altri sono ancora là sotto.
La tragedia si consumò in pochi minuti ed è stata ignorata per decenni. Eppure si sapeva per filo e per segno come fossero andate le cose.
Ci sono le testimonianze dei sopravvissuti, come quella del sergente di artiglieria Giuseppe Guarisco, che il 27 ottobre 1946 ha redatto di proprio pugno per la Direzione generale del ministero un resoconto lucido del naufragio:
Dopo l’urto della nave contro lo scoglio” scrive Guarisco, “venni gettato per terra e quando potei rialzarmi un’ondata fortissima mi spinse in un localetto situato a prua della nave, sullo stesso piano della coperta, la cui porta si chiuse. In detto locale c’era ancora la luce accesa e vidi che vi erano altri sei militari. Dopo poco la luce si spense e l’acqua iniziò ad entrare con maggior violenza. Salimmo in una specie di armadio per restare all’asciutto, di tanto in tanto mettevo un piede in basso per vedere il livello dell’acqua. Passammo la notte pregando col terrore che tutto si inabissasse in fondo al mare.
All’indomani, nel silenzio spettrale della tragedia, i sette riuscirono a smontare il vetro dell’oblò, ma non ad uscire da quell’anfratto, perché il buco era troppo stretto.
Le ore passavano ma nessuno veniva in nostro soccorso (…). Uno di noi, sfruttando il momento che la porta rimaneva aperta, si gettò oltre essa per trovare qualche via d’uscita e dopo un’attesa che ci parve eterna lo vedemmo chiamarci al di sopra del finestrino. Ci disse allora che era passato attraverso uno squarcio appena sott’acqua.
Un altro compagno, pur essendo stato da me dissuaso, volle tentare l’uscita ma non lo rivedemmo più.
I naufraghi rimasero due giorni e mezzo rinchiusi là dentro prima dell’arrivo dei soccorsi dal Pireo.
Quello che era riuscito ad uscire ci disse che dove eravamo noi, all’estremità della prua, era l’unica parte della nave rimasta fuori dall’acqua e che intorno non si vedeva nessuno all’infuori degli aerei che continuavano a incrociarsi nel cielo e ai quali faceva segnali.
Poco dopo si accostò una barca con due marinai; essi dissero che erano italiani, dell’equipaggio di un rimorchiatore requisito dai tedeschi. Ci dissero di stare calmi che presto ci avrebbero liberati. Ma sopraggiunse l’oscurità e dovemmo passare un’altra nottata più tremenda forse della prima.
Articolo di Lorenzo Sani – Il Resto del Carlino
Elenco originale degli imbarcati sull’Oria l’11 febbraio 1944 (tratto da http://www.piroscafooria.it/)Dettaglio dove appare il nome di Angelo
In questi giorni sono stato contattato da una ragazza polacca, nata in una località tra Deblin e Kozienice, dalla quale sono venuto a conoscenza di una storia sicuramente sconosciuta in Italia.
Un ringraziamento sincero va a Katarzyna Ożerska per le informazioni e le fotografie inviate.
Franco Mancini, era nato a La Spezia il 26 maggio 1918. Sottotenente del 5° Reggimento Alpini, era stato catturato dai tedeschi l’8 settembre 1943 ed internato in Polonia presso lo Stalag 307 (poi Offlag 77) di Deblin Irena.
Il 13 marzo 1944, nel corso di un trasferimento, riuscì a fuggire con altri due ufficiali (i sottotenenti Boletti e Micheli). Inoltratisi nella Foresta di Kozienice, furono nascosti da un guardaboschi polacco (Boleslaw Rozborski) che li mise in contatto con i partigiani locali (il contatto era il partigiano Józefa Abramczyka detto “Tomasza”).
Da quel momento i tre ufficiali parteciparono a tutte le azioni contro i tedeschi e la gendarmeria. Boletti con il nome di battaglia “Czarny” (nero), Micheli con quello di “Lotnik” (aviatore) e Mancini con quello di “Franek”.
Durante una di queste azioni, Franco Mancini rimase gravemente ferito al petto dalla scheggia di una granata.
Era il 29 marzo 1944 e i partigiani polacchi decisero di trasportare Franco all’ospedale perché venisse curato clandestinamente.
Purtroppo a Kozienice s’imbatterono nella gendarmeria tedesca e ne nacque uno scontro a fuoco. Franco Mancini rimase ucciso assieme ad altri due partigiani, Jòzef Lasek detto “Zajakala” e Jan Nagadowski detto “Woznica”. I contadini del posto li seppellirono l’uno accanto all’altro nel Cimitero di Oleksow.
Da sinistra: Sottotenente Franco Mancini detto Franek, Jòzef Lasek detto Zająkała e Jan Nagadowski detto Woźnica
Caduto per la Guerra di Liberazione, fu decorato con la Croce dell’Ordine Militare Polacco “Virtuti Militari” (la più alta onorificenza polacca).
“Questa terra è bagnata con il sangue italiano” riporta la lapide che lo ricorda posta all’interno di una chiesa dedicata a padre Massimiliano Kolbe (martire di Auschwitz).
Franco Mancini è citato nei testi di storia come l’eroe italiano della Resistenza polacca.
Le sue Spoglie furono riesumate dal Cimitero di Oleksow e traslate nel Cimitero militare italiano di Bielany/Varsavia dal Ministero della Difesa (mausoleo destro – tomba n° 857).
Moiola Elmo Carlo, nato il 6 ottobre 1924 a Gozzano (Novara).
Deceduto il 25 maggio 1945.
Sepolto a Monaco di Baviera / Waldfriedhof / Cimitero militare italiano d’onore (Germania).
Posizione tombale: riquadro 5 / fila 17 / tomba 25. Fonti: Ministero della Difesa.
5 marzo 2014
PREMESSA
Sono figlio di un cieco di guerra – mio padre (classe 1919) ha perso la vista in Tunisia il 7 maggio 1943 – e da 2 anni faccio il segretario della locale Sezione della ANCR. Nell’articolo pubblicato su “La Stampa” il 17 gennaio 2012 ho letto con attenzione i nominativi riportati e ovviamente ho notato un tale Moiola Elmo nato a Gozzano il 6 ottobre 1924 (in realtà nato ad Auzate – allora comune autonomo, ora solo frazione di Gozzano). Ho così fatto una piccola indagine fra gli anziani del paese per sapere se conoscessero questo Moiola Elmo. Purtroppo nessuno si ricordava di Lui – Non sto a dilungarmi sui diversi tentativi per risolvere il….mistero!! Dico solo che a un certo punto ero convinto che ci fosse qualche errore. Finalmente un bel giorno – all’ennesima richiesta – uno degli “anziani” mi dice di ricordarsi di questo ragazzo con il quale giocava e con un nome un po’ “strano”. Ho così interessato un amico e abbiamo trovato quanto le allego.
Saluti – Franco Ruga – Gozzano (NO).
PS Nell’articolo pubblicato su “L’informatore” non viene ricordato che il padre di Elmo Carlo era un trovatello dell’ospedale di Borgosesia e pertanto Elmo era un cognome di fantasia.
Articolo de “La Stampa” di Novara del 17 gennaio 2012Articolo de “L’informatore” del 21 febbraio 2014
2 novembre 2015
Buongiorno, sono la nipote di Carlo Elmo.
Credo che lei si ricorderà del colloquio che avevo avuto con il signor Rocco Fornara [nda – autore dell’articolo su “L’informatore” del 21 febbraio 2014] un paio di anni fa a proposito del caso di mio zio la cui sepoltura era stata ritrovata presso il Cimitero Italiano Militare d’ Onore di Monaco di Baviera.
Volevo solo comunicarle che domenica scorsa, essendo a Monaco con mio marito, abbiamo cercato e trovato il Cimitero (Waldfridhof – in italiano Cimitero della Foresta) dove sono custoditi con cura i resti mortali dei caduti nei due conflitti mondiali.
Giungere in quel luogo a settant’anni dalla morte dello zio in veste di prima parente a fare una visita mi ha dato un’emozione fortissima, anche a causa di una significativa concomitanza: in quello stesso giorno si celebrava a Maggiora (Novara) la Santa Messa di suffragio per la mia mamma (sorella di Carlo) nel giorno anniversario della sua morte!
Con queste righe volevo ringraziare lei, il signor Fornara e tutti coloro che hanno lavorato a questa ricerca, permettendo a parenti o amici che ne hanno l’occasione di recitare una preghiera e accendere un cero sul luogo fisico dove i propri cari riposano.
Si è svolta oggi la Messa solenne in ricordo dei defunti e dei caduti italiani di tutte le guerre presso la Cappella del Waldfriedhof (Neuer Teil). Il coro italo-tedesco di Unterhaching ha animato la celebrazione. All’esterno è seguita la commemorazione dei caduti da parte del Console generale d’Italia a Monaco di Baviera e del Presidente del Comites e la visita al ceppo militare italiano nel cimitero.
In occasione di quasta commemorazione, ricevo da Laura M. Bettoni e pubblico le fotografie della cerimonia e, a sorpresa, la foto della lapide di mio zio Luciano.