Il rimpatrio di Brenno Bortesi

Grazie all’amico Franco Scardova di Luzzara (Reggio Emilia),

pubblico le foto del rimpatrio del Caduto Brenno Bortesi, avvenuto il 4 novembre 2014.

Bortesi BrennoBortesi Brenno di Ermiro, nato il 13 maggio 1912 a Luzzara (Reggio Emilia). Caporal Maggiore del VI° Reggimento Genio. Internato nello Stalag X B. Matricola 250158. Deceduto l’11 giugno 1944 alle ore 05.00 presso lo Stalag XI B. Causa della morte: nefrite cronica e dissenteria. Sepolto nel cimitero di Fallingbostel (Bassa Sassonia). Posizione tombale: tomba n° 492. Riesumato e traslato ad Amburgo / Hauptfriedhof Öjendorf / Cimitero militare italiano d’onore (Germania). Posizione tombale: riquadro 5 / fila L / tomba 20. Rimpatriato il 4 novembre 2014. Fonti: Ministero della Difesa, Ufficio Informazioni Vaticano per i Prigionieri di Guerra, Istoreco – Istituto per la Storia della Resistenza e della Società contemporanea in provincia di Reggio Emilia – (curatore Amos Conti), Anpi Luzzara.

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Strage di Treuenbrietzen. Tra i Caduti anche Pietro Roso

Buonasera  Sig. Zamboni, Le scrivo questa mail nella speranza che possa aiutarmi.

Sono il nipote del caduto Roso Pietro, nato il 10 agosto 1914 a Valli del Pasubio (la data di nascita ricavata dal sito Onorcaduti è sbagliata quella esatta è 10 ottobre 1914 – forse è un errore di trascrizione), data di decesso: 23 aprile 1945 (è una delle vittime dell’eccidio di Treuenbrietzen), luogo di sepoltura: Berlino – ‘Zehlendorf’ – Cimitero Militare Italiano d’Onore.

Vorrei visitare la tomba di mio nonno, e avrei quindi necessità di conoscere, se ne è in possesso, delle indicazioni della sua posizione tombale. […] Grazie

Cordiali saluti, Roso Pietro

Roso Pietro con il figlio Silvano
Pietro Roso con il figlio Silvano

Roso PietroRoso Pietro, nato il 10 ottobre 1914 a Valli Del Pasubio (Vicenza), era sposato con Trentin Maria ed era padre di due figli: Silvano e Silvana. Soldato del 26° Settore e Sottosettore / Guardia alla Frontiera, venne fatto prigioniero dai tedeschi dopo l’8 settembre 1943 ed internato in Germania nello Stalag III D di Berlino con la matricola n° 65763. Fu poi assegnato, prima al Comando di lavoro (Arbeitskommando) n° 592 di Berlin-Mariendorf e poi nel campo di lavoro di Treuenbrietzen.

Il 21 aprile 1945 i Russi liberarono il campo, ma appena le truppe sovietiche proseguirono la loro avanzata, un reparto militare tedesco, rientrato nel campo, separò 127 militari italiani dal resto dei prigionieri e li trucidò nella cava di Treuenbrietzen.

Grazie all’opera misericordiosa del Missionario veronese Monsignor Luigi Fraccari, andato volontario in Germania dopo l’8 settembre 1943 per portare assistenza materiale e spirituale agli Internati Militari Italiani, vennero recuperati i corpi dei 127 Caduti a Treunbrietzen (111 identificati) e vennero inumati nel cimitero di Nichel (Cimitero italiano).

Nel 1955, le Spoglie di questi caduti furono traslate nel Cimitero militare italiano di Berlino (Friedhof Zehlendorf).

Tra questi anche Pietro Roso che venne inumato nel riquadro 1, fila 9, numero 17, tomba 170.

Tratto da “Il Mattino” di Padova del 22 aprile 2012 – Articolo di Aldo Comello

Treuenbrietzen si trova a circa 70 chilometri da Berlino. Qui 160 soldati italiani furono rinchiusi per 20 mesi sorvegliati dai nazisti con il mitra puntato. Lavoravano per la Metawarren Fabrik, una grande fabbrica di materiale bellico che produceva pallottole per fucili. 12 ore al giorno di fatica, un solo pasto alle 6 di sera, una zuppa e 150 grammi di pane. Si lavavano ogni 6 mesi, i vestiti cadevano a pezzi, la polmonite e la tubercolosi facevano le prime vittime. Nelle baracche, infatti, il freddo era terribile e, a volte, gli internati venivano svegliati di notte e costretti ad uscire con una temperatura di 10 gradi sotto zero per appelli di controllo, a volte a torso nudo perché non c’era nemmeno il tempo per ripararsi. I maltrattamenti erano programmati con rigore scientifico.

Il lager ha la sigla 782/C e la contabilità nazista registra 11 deceduti in prigionia, morti di stenti o di malattia. Poi c’è una vampata di speranza, forse saranno salvati. E’ il 21 aprile del 1945, sono le sei di sera quando si sente lo sferragliare di un mezzo corazzato nelle vicinanze del campo, è un carro armato sovietico. Il giovane russo che esce dalla torretta intimando la resa ai tedeschi viene falciato da una raffica, ma la reazione dei suoi compagni piega i tedeschi che si ritirano. Ai prigionieri viene chiesto di non muoversi dal campo perché la zona non è ancora sotto il controllo dell’Armata Rossa, ma il sollievo per una libertà imminente si fa strada. Accade però che un reparto tedesco in fuga irrompe nel campo. 127 italiani, in gran parte giovani, sotto la minaccia dei fucili, sono costretti a marciare nella boscaglia fino a raggiungere un accampamento nazista mimetizzato.

Qui i prigionieri per più di mezz’ora assistono a conciliaboli affannosi tra ufficiali mentre la paura li attanaglia. Poi sono avviati ad una cava e qui comincia il massacro. I feriti agonizzanti vengono finiti con un colpo alla nuca, i cadaveri vengono sepolti sotto uno strato di sabbia. Tre sopravvissuti, scampati miracolosamente, salvati dai cadaveri dei compagni colpiti dai primi proiettili: Edo Magnalardo, Antonio Ceseri e Germano Cappelli emergono dalla carneficina con i vestiti inzuppati del sangue dei loro compagni. Sono 25 i veneti vittime di questa esecuzione dettata dalla crudeltà e dalla situazione militare sempre più difficile per i tedeschi ormai circondati dalle pattuglie russe. L’episodio di questa immane ecatombe che travolse i militari italiani è particolarmente toccante proprio per la speranza di libertà che si era accesa e che lasciava presagire la fine di un incubo. Poi aveva prevalso la malasorte e la morte era arrivata in una cava mimetizzata dagli alberi della boscaglia.

Anche il Granatiere Favini ora ha un volto

Grazie al nipote Emanuele, abbiamo dato un volto anche ad Augusto Favini di Lainate

Granatiere Favini AugustoFavini Augusto fu Camillo, nato il 1° settembre 1911 a Lainate (Milano). Granatiere della 210a Compagnia Presidio Speciale (Fanteria). Fatto prigioniero dai tedeschi presumibilmente in Grecia ed internato in Germania. Morto l’11 marzo 1945. Attualmente sepolto ad Amburgo / Hauptfriedhof Öjendorf / Cimitero militare italiano d’onore (Germania). Posizione tombale: riquadro 5 / fila J / tomba 15. Fonti: Archivio Zamboni, Ministero della Difesa, Archivio Anrp.

Favini Augusto
Lapide nel Cimitero di Amburgo (foto M. W.)

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ELENCO ALFABETICO COMPLETO CON DATI DI BASE

14.957 nomi, 14.957 vite

L’elenco al link che segue riporta cognome, nome, data e luogo di nascita, data di morte e cimitero di sepoltura di tutti i caduti sepolti nei cimiteri militari italiani in Austria, Germania e Polonia (fonte Ministero della Difesa).

I Caduti sepolti sono prevalentemente Internati Militari Italiani, ma ci sono anche deportati civili per motivi politici e/o razziali, lavoratori coatti, liberi lavoratori e loro congiunti morti sotto i bombardamenti alleati.

Elenco alfabetico completo di base

Di seguito riporto alcune correzioni attuate sui nominativi dell’elenco (questo grazie alle segnalazioni degli utenti del sito). Ringrazio di cuore tutti coloro che contribuiranno a segnalare eventuali ulteriori errori.

Dati esatti (segnalazione di Luca Beltramolli): Beltramolli Lorenzo Florindo di Pietro e Margherita Bonomini, nato il 9 febbraio 1905 a Storo (Trento). Morto il 16 agosto 1941. Sepolto a Monaco di Baviera – Waldfriedhof – Cimitero militare italiano d’onore (Germania). Dati errati: Beltramoli Lorenzo, nato il 9 febbraio 1905 a San Toro. Morto il 16 agosto 1941. Sepolto a Monaco di Baviera – Waldfriedhof – Cimitero militare italiano d’onore (Germania).

Posizioni tombali nei cimiteri militari italiani in Germania

Di seguito riporto le posizioni tombali nei cimiteri militari italiani di Amburgo, Berlino, Francoforte sul Meno e Monaco di Baviera.

Posizioni tombali Amburgo

Posizioni tombali Berlino

Posizioni tombali Francoforte

Posizioni tombali Monaco

Posizioni tombali Mauthausen (tratto dal registro delle sepolture di Mauthausen – Alta Austria)

Posizioni tombali Mauthausen

In questo ottimo sito tedesco si possono consultare gli elenchi dei Caduti della Prima e della Seconda Guerra Mondiale sepolti nel Cimitero Militare Italiano di Mauthausen ed in altri cimiteri sul territorio austriaco:

Denkmalprojekt

Sepolture a Bielany/Varsavia (Polonia)

Grazie a Katarzyna Ożerska, preziosissimo contatto a Varsavia, pubblico le foto delle lastre di copertura delle sepolture ossario di destra e di sinistra del Cimitero militare italiano di Bielan/Varsavia con i nominativi di tutti i caduti ivi sepolti.

Tutti gli altri nominativi riportati negli elenchi di questo sito che risultano essere sepolti a Bielany, si trovano inumati nei mausolei destro e sinistro dello stesso sacrario.

Mausoleo destro (foto Diego Tonelli)
Mausoleo destro (foto Diego Tonelli)

Bielany sepolture in ossario

Ricordo che l’accesso alle sepolture in trincea (ossari), contrariamente a quelle in mausoleo, sono di difficilissimo accesso e visitabili solamente previa autorizzazione del custode del cimitero.
Per far capire cosa intendo per “difficilissimo accesso”, pubblico alcune foto inviatemi da Oscar Staffoni, che ha il papà Antonio sepolto nell’Ossario destro.

  Sepolcreto in trincea 2  sepolcreto in trincea 3

Lettera allo zio mai conosciuto

Una premessa, ho pensato molti giorni se postare o no questa foto che in realtà doveva essere soltanto “mia”, condividerla sui social a qualcuno poteva risultare blasfema. Ho deciso di pubblicarla comunque, questi scritti sotto sono i miei pensieri, nel resoconto finale sul mio viaggio.

LETTERA APERTA A LUIGI OLIVERO 1923-1944

Ciao Luigi, ti scrivo queste poche righe al ritorno a casa mia dopo che sono stato da te a farti visita, dove riposi ora, nel giorno del tuo 94° compleanno.

E’ stato per me un viaggio lungo e difficile, durato qualche giorno e una manciata di migliaia di km ma non mi sono mai lamentato perché era indubbiamente un viaggio più semplice del tuo, che sei partito da Sinio , nelle tue Langhe, per essere stato fatto prigioniero in Croazia e portato a morire in un lager ai lavori forzati in Germania, da solo a 1300 km da casa tua, lontano dai tuoi cari. E’ stato un lungo viaggio il mio, ho pensato molto e ho pianto molto lungo quei interminabili km lungo l’autostrada, pensavo al perché un giovane di 21 anni dovesse andare tanto lontano da casa sua a morire, ho pensato di chi era la colpa di tutto questo. Ingiusto, tutto questo è stato ingiusto continuavo a pensare continuamente a ogni singolo km percorso.

Le tue radici erano molto lontane da quei posti che attraversavo ora, le tue radici erano nelle Langhe, ma non nelle Langhe di oggi piene di insegne di B&B con il wi-fi ogni chilometro percorso e con turisti tedeschi e svizzeri in tutte quattro le stagioni, no, le tue erano le Langhe dello scorso millennio, quelle descritte da Beppe Fenoglio ne “La malora”, un posto lontano anni luce da dove stai ora, ti ricordi ancora vero quel tuo mondo fatto di famiglie patriarcali con moltissimi figli, un mondo fatto di mezzadria e molta fame, abiti usati all’inverosimile e molte benedizioni dal prete. Ti ricordi ancora vero quanta strada ti ha fatto percorrere mio papà Franco nel 1937 quando è nato per procurargli il latte perché sua mamma non ne aveva e lui rischiava di non sopravvivere. Io sono il figlio di quel neonato che é sopravvissuto grazie a te e mi chiamo Michele come tuo fratello più grande, sono nato nel 1967 e pochi mesi dopo la tua mamma ha lasciato questa terra, ora a me piace pensare che abbia aspettato a partire fino quando sono nato, fino quando ha capito che sarei stato io a ritrovarti da qualche parte e a portarti un fiore che lei era mai riuscita a farti arrivare.

Quando sono arrivato da te dove riposi ora ero contento: avevo rispettato l’impegno che mi ero preso con me stesso e con la mia famiglia e di questo, sinceramente, non ne ero sicuro quando sono partito. Ti ho cercato in mezzo a tutte quelle lapidi di giovani come te, mi sono reso conto seriamente leggendo tutti quei nomi, di quanta sofferenza porta una guerra, sia per chi parte sia per chi aspetta invano a casa… quando finalmente ti ho ritrovato nel settore 2, ho provato una gioa così intensa e violenta mai provata prima, avrei voluto abbracciare qualcuno ma ero da solo, così mi sono ritrovato ad esultare, piangere e ridere sul tuo nome scritto sul cemento. Ti ho preso dei fiori poco prima di arrivare da te, portarli da casa sarebbero arrivati un po stanchi… ti dovevo anche portare un pugno di terra dal tuo paese da mettere nell’erba attorno a te, però alla fine sono partito dimenticandola a casa. Avevo con me però, non so il perché, una piccola bottiglia di vino moscato dolce delle nostre parti, allora ho stappato quello per festeggiare: ho bagnato l’erba attorno alla tua lapide con il vino e poi ho bevuto io, come si fa con un brindisi quando si ritrova un amico dopo tanto tempo !! Un rito, magari pagano, che il mio cuore mi diceva di fare in quel momento. Sentivo dentro di me che era la cosa che più desideravi in quel momento. Ti ho parlato, ti ho detto che in tutti questi anni non ti avevamo mai dimenticato ma non eravamo mai venuti da te molto semplicemente perché mai nessuno ci aveva detto dove eri. La patria ti aveva strappato a noi e poi non si era nemmeno degnata di dirci dove ti aveva abbandonato. Ho portato anche dei fiori per conto di un amico ad un’altro ragazzo nel settore 5, gli ho spiegato che venivo li da lui per conto della sua famiglia, che anche lui come te non era stato dimenticato. Mentre andavo via mi sono girato più volte, a guardare quei filari di quadrati di cemento, si vedevano solo due posti con i fiori sopra in un cimitero di cinquemila tombe… se qualcuno avesse avvisato i parenti, sicuramente ci sarebbero stati più fiori.

Sono poi corso a Sandbostel, in quel posto maledetto che ti ha rapito. E’ stato abbastanza difficile trovare il lager XB, indicazioni quasi assenti lungo la strada. Avevo letto la storia di questo posto prima di partire, di come sia stato usato come zona industriale dopo la guerra, insediando attività produttive nelle costruzioni fino a poco tempo prima usate come campo di prigionia. Poi, una volta dismessa l’area anche da zona artigianale, un piccolo gruppo di privati aveva recuperato e restaurato una parte del lager facendo anche un piccolo museo della memoria, così, autonomamente senza l’aiuto dello stato o chi per esso. Ho capito che qui molti del popolo tedesco non rinnega, non si vanta, non si vergogna del suo passato, semplicemente lo ignora. Il museo è fatto da molte fotocopie di documenti come avevo io, portati dai parenti in cerca di qualcuno che non è più tornato. Ora ci saranno anche le copie dei tuoi documenti in questo museo, chi passerà di qui leggerà anche il tuo nome. Ho visto le foto nel museo, ho visto in quelle immagini gli occhi di chi ti ha fatto così male, così compiaciuti e orgogliosi di cosa stavano facendo in quel momento, ho visto le fotografie di come eravate tenuti qui dentro e ad un certo punto sono dovuto uscire, non c’è la facevo più. Mi sono aggirato timidamente tra le baracche e mi sembrava ancora di sentire quei lamenti e quegli ordini in tedesco provenire dalla terra sotto di me. Mi chiedevo perché, perché avete ucciso tutta quella povera gente, che bisogno c’era ? Li avevate già catturati, richiusi, resi inoffensivi, che bisogno c’era ancora di umiliarli e ucciderli così? Ma possibile che non capivate il male che stavate facendo a tutta questa povera gente? Uscendo poi mi sono avviato sul luogo dove era costruita la tua baracca, dal posto esatto da dove te ne sei andato per sempre e ho raccolto un po di terra dentro la bottiglia vuota che avevo con me, la bottiglia che ho stappato quando ti ho ritrovato. Ho portato a casa questa terra, semineremo qualche fiore e quando saranno grandi, useremo la bottiglia come vaso. Poi, mentre andavo via, una voce dentro di me , mi ha detto di fare una cosa, di lasciare un messaggio a quegli animali sanguinari codardi in divisa da SS di cui avevo poco prima i loro occhi, gli dovevo scrivere che ti avevano portato via la vita ma non rubato l’anima, perché fino a quando ci sarà qualcuno che anche a distanza di anni ti viene a cercare, la tua anima non morirà mai. Poi ho firmato il biglietto con il tuo numero di matricola, il 26200, che capissero che eri proprio te che gli lasciavi quel messaggio, ti avevano rubato tutto, giovinezza, affetti, speranze, gioie, libertà, ti avevano rubato tutto prima di ucciderti, anche la dignità, anche il nome, per loro eri solo una sequenza di cinque cifre, come un inutile codice pin sbagliato o un anonimo codice di avviamento postale. Mi piace pensare che ora stanno bruciando all’inferno le loro anime infette, dimenticati e ignorati da tutti, anche dai loro cari che dicono che non li conoscono e che che Terzo Reich non è mai esistito. Sono sicuro che ora stanno bruciando all’inferno in un settore sulla cui entrata c’è scritto Arbeit macht frei, mai nessun perdono per loro, il dolore che hanno provocato in così tanta brava gente è troppo, mai nessun perdono, mai.

Sono poi ripartito verso casa, il viaggio di ritorno è stato velocissimo, non vedevo l’ora di ritrovare la mia famiglia, ero un po stanco sia fisicamente che mentalmente, avevo avuto una raffica di emozioni non indifferenti negli ultimi giorni. Ho scoperto che te, caro Luigi, hai il nome in scritto in due posti diversi, sulla piazza del tuo paese e ad Amburgo, il tuo nome e la tua foto ora è anche al museo su a Sandbostel, su in bassa Sassonia, qualcuno poi si è ricordato di te e pochi mesi fa, abbiamo avuto anche una medaglia di pochi centimetri di diametro ma che per noi parenti ha una circonferenza grande quanto l’equatore, alla fine non eri scomparso, eri solo stato risucchiato momentaneamente in quella zona grigia, in quella terra di nessuno dei dimenticati di stato. Ora sai, per questa mia visita che ti ho fatto ho ricevuto un sacco di complimenti e non so se devo essere contento, fiero o imbarazzato di tutti questi elogi, in fondo ho fatto solo una cosa che il mio cuore mi diceva di fare, cioè portare fiori ad un mio caro al cimitero, tutti lo fanno. Si d’accordo era un po lontano ma li stavi aspettando da 72 anni, quindi era tutto proporzionato !! Un’ultimissima cosa : ti voglio bene.

Michele sulla tomba dello zio