Sulla tomba di nonno Battista

Nonno Battista BorlottiBuongiorno Sig. Zamboni.
Ho scoperto con grande interesse il sito “dimenticatidistato” ed anche “combattentibergamaschi”.
Sto cercando informazioni sul percorso militare di mio nonno, Borlotti Battista Andrea, nato a Calcinate (BG), il 18 ottobre 1896.
So, dai racconti di mio padre, che mio nonno combatté nella Prima Guerra Mondiale, sul Piave, ma non trovo informazioni su internet e non so a chi rivolgermi.
Mio nonno morì in Germania ad Hannover il 2 settembre 1942. Quando morì in Germania aveva 46 anni e non era militare, ma “lavorava” presso la ditta Hanomag. E’ stato sepolto ad Hannover.
Con la sua famiglia, sua moglie (mia nonna) e i suoi figli erano residenti a Varese dal 1928.
Ho avuto il piacere di comunicare via email col Sig. Rinaldo Monella che mi sta aiutando per quanto riguarda il percorso di mio nonno nella Prima Guerra Mondiale e mi ha consigliato di rivolgermi a lei per quanto riguarda la sepoltura di mio nonno.
Sul vostro interessantissimo sito è presente Borlotti Andrea, nato a Calcinate lo stesso giorno di mio nonno, deceduto in Germania lo stesso giorno di mio nonno e sepolto ad Amburgo, nel Cimitero Militare d’Onore.
Di primo acchito, ho pensato che ci fosse un errore da qualche parte, e che forse i dati di mio nonno e quelli di un altro Borlotti fossero stati mescolati. Quello che è certo è che a Calcinate il solo Borlotti che è nato il 18 ottobre 1986 è mio nonno, Borlotti Battista Andrea. Secondo le (poche) informazioni in possesso della mia famiglia, il nonno è stato sepolto ad Hannover dopo il decesso.
Riassumo qui i dati di mio nonno:
Borlotti Battista Andrea
Nato a: Calcinate (BG) il 18 ottobre 1896
Padre: Borlotti Luigi
Madre: Bianchezzi Maria Giovanna (su certi documenti: Bianchessi/Bianchetti/Bianchi Maria o Giovanna )
Morì in Germania ad Hannover il 2 settembre 1942
In famiglia, abbiamo sempre pensato che la tomba di mio nonno non esistesse più.
Secondo il Sig. Rinaldo Monella, è possibile che le spoglie di mio nonno siano state trasferite da Hannover ad Amburgo, e che il Borlotti Andrea del vostro sito sia proprio mio nonno. Lei cosa ne pensa?
La ringrazio per la cortese attenzione.

[…]

Colgo l’occasione per inviarle cordiali saluti e tanti auguri di buone feste.

Camilla Borlotti in Filipowicz
Chaumont FRANCIA


Cara Camilla,
come da te riportato, tuo nonno, Borlotti Battista Andrea di Luigi e Bianchi Maria, sposato con Giacoma Luigia Partoglio, morì di polmonite ad Hannover il 2 settembre 1942 alle ore 16.10 e venne sepolto nel Cimitero Seelhorst di Hannover il 7 settembre 1942, alla posizione tombale 21/C, tomba 98 (Registro decessi IV – n° 1338/42).
Nella seconda metà degli anni ’50 le sue spoglie sono state fatte esumare dal Ministero della Difesa e traslate nel Cimitero Militare Italiano d’Onore di Amburgo ed inumate alla posizione tombale riquadro 1, fila N, tomba 18, dove si trova tutt’ora.

Ti allego il certificato di morte stilato nel 1950.

Un caro saluto.

Roberto Zamboni

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Certificato di morte di Battista Andrea Bortolotti (fonte: Archivi di Arolsen)

Caro Roberto, grazie, grazie, grazie!
Mio papà avrebbe voluto far rimpatriare il nonno, ma c’era la guerra ed era impossibile. Dopo la guerra, si era nuovamente interessato, ma gli hanno detto che il cimitero dove era sepolto probabilmente non esisteva più. Era un argomento molto doloroso per mia nonna e per i figli.
La mia famiglia è di origini modeste ed il problema di fare delle ricerche per una sepoltura all’estero, la prospettiva di dover affrontare ingenti costi per un rimpatrio di salma, sono state insormontabili ed hanno reso la cosa impossibile. Adesso, le cose sono cambiate. Per prima cosa, andrò ad Amburgo al cimitero.
Parallelamente, vorrei provare a vedere se fosse possibile far rimpatriare le spoglie del nonno, seguendo le indicazioni del tuo prezioso sito.
Ti ringrazio di cuore per il tuo impegno, per la tua risposta rapidissima e per la tua efficacia. E’ incredibile che in Italia le cose vadano avanti solo grazie alle iniziative e all’impegno di singoli cittadini e che gli organismi pubblici siano immobili.
Grazie di cuore. Ti faro’ sapere e ti inviero’ una foto della tomba di mio nonno.
Tanti auguri di buon Natale e felice anno nuovo.
Camilla


Caro Roberto, mio marito ed io siamo rientrati ieri dalla Germania. Siamo stati ad Hannover e abbiamo cercato gli indirizzi menzionati sui documenti riguardanti la presenza di mio nonno in quella città, ma non abbiamo trovato esattamente i luoghi che cercavamo. Penso che la città sia molto cambiata dal 1942. Siamo anche andati al cimitero di Hannover, dove mio nonno fu sepolto prima della traslazione ad Amburgo. In seguito siamo andati ad Amburgo sulla tomba del nonno. E’ stato un viaggio , o meglio , un pellegrinaggio ricco di emozioni contrastanti. Un grande sollievo per avercela fatta a ritrovare la tomba del nonno. E allo stesso tempo è stato doloroso, perché so tutta la sofferenza di mia nonna Lucia, mio papà, suo fratello e sua sorella per la perdita del loro marito e padre e per non aver mai potuto portare un fiore sulla tomba del nonno Battista. Anche molta incomprensione, perché gli organismi ufficiali italiani non hanno mai informato i familiari del trasferimento della salma.
E’ grazie a Lei e al sig. Monella che questo miracoloso ritrovamento è potuto avvenire. Ancora grazie.
Non so se sarà possibile far rimpatriare la salma. Non sono la sola a poter decidere. Senza contare che non abito più in Italia dal 1991. Abito in Francia.
[…]
Le invio le foto della mia visita al cimitero di Amburgo.
Le auguro tante buone cose.
Cordialmente,
Camilla Borlotti

1677404438850
Amburgo – Cimitero militare italiano d’onore
1677404438877 - Copia
Camilla sulla tomba del nonno

L’Alpino Gino Ballini

Alle volte il caso…

Verona, 11.02.2023 – Da Roberto Zamboni


Ho un collega argentino che da qualche mese abita in Italia con la famiglia.

Luciano (questo il suo nome) si è trasferito proprio a Verona perché le sue origini sono venete, anzi veronesi al 100%.

Infatti i nonni, nativi di Grezzana, si trasferirono e si stabilirono in Argentina dopo la Seconda Guerra mondiale.

Tra colleghi si parla del più e del meno. Facendo notare che lui ha lo stesso nome di mio zio (zio che nella seconda guerra mondiale era finito in un campo di concentramento in Germania, dov’era morto a soli 22 anni), vengo a sapere che anche suo nonno era stato fatto prigioniero dai tedeschi, internato e che in qualche maniera era riuscito a tornare a casa vivo.

E dopo una piccola ricerca …

Ballini GinoBallini Gino, nasce il 15 giugno 1916 a Grezzana (Verona). Soldato del 6° Reggimento Alpini (matricola militare 7288), viene fatto prigioniero dai tedeschi il 10 settembre 1943 a Merano (Bolzano) e internato in Germania come IMI (Internato Militare Italiano) nello Stalag I B di Hohenstein, dove gli viene assegnato il numero di matricola 3243. Viene poi trasferito allo Stalag IV B di Königstein e allo Stalag IV A di Hohnsteìn (Prussia Orientale). Viene infine decentrato presso il Comando di lavoro di Freital Döhlen (Circondario di Dippoldiswalde – Sassonia). Viene liberato dai sovietici nell’aprile del 1945. Nel maggio del 1945 si trovava in territorio controllato dall’Armata Rossa (zona sovietica).

Gino poi riuscirà ad allontanarsi e a raggiungere l’Italia e Verona.


(Fonte foto ANRP)


scheda gino ballini - associazione nazionale reduci dalla prigionia
Scheda di Gino Ballini – Fonte Associazione Nazionale Reduci dalla Prigionia e dall’Internamento

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Zona Sovietica – Elenchi di nomi relativi a stranieri iscritti rispettivamente impiegati nell’ex territorio del Reich – Fonte Archivi di Arolsen

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Informazioni sugli stranieri che si sono trasferiti durante la guerra nel distretto di Dippoldiswalde – Fonte Archivi di Arolsen

Storia di mio padre, l’intervista

MONALDI GiuseppeMONALDI Giuseppe, nasce il 13 marzo 1913 a Città di Castello – Frazione Ronti (Perugia). Soldato del 94° Reggimento di Fanteria, Divisione Messina. Viene fatto prigioniero dai tedeschi il 12 settembre 1943 a Ragusa (fronte croato), detenuto a Zenica (Bosnia Erzegovina) e poi internato in Germania come IMI (Internato Militare Italiano) nello Stalag VI C di Bathorn. Gli viene assegnato il numero di matricola 77651 e viene successivamente decentrato presso il Comando di lavoro n° 1811. Ammalatosi di pleurite, viene ricoverato presso il St. Joseph Hospital di Oberhausen. Muore a Oberhausen il 1° maggio 1945 e viene inumato in prima sepoltura nel Cimitero parrocchiale St. Clemens di Oberhausen (Distretto Sterkrade). Registro dei decessi n° 541/1945. Nella seconda metà degli anni ’50, su disposizione del Commissariato Generale per le Onoranze ai Caduti in Guerra, viene fatto esumare e viene traslato nel Cimitero militare italiano d’onore di Amburgo (Hauptfriedhof Öjendorf) e sepolto alla posizione tombale: riquadro 3,  fila Z , tomba 33.

Fonti: Ministero della Difesa, Archivio di Stato di Bolzano (Venturini Antonio – commilitone superstite), Albo IMI Caduti, Archivi di Arolsen, Pierino Monaldi (figlio).


Tratto da ttv.it

Una storia di vita e memoria. Abbiamo incontrato Pierino Monaldi, orfano di guerra, figlio di Giuseppe Monaldi del quale in questi anni ha cercato di ricostruire la drammatica vicenda. Pierino non ha mai conosciuto il padre Giuseppe, internato in un lager di lavoro in Germania dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. Giuseppe morì in terra tedesca il 1° maggio del 1945 quando il figlio aveva solo un anno. Nonostante una figura materna amorevole e determinata, le condizioni di povertà del Dopoguerra hanno costretto Pierino a vivere in un collegio-orfanotrofio (a Preggio, Umbertide) per poi dedicarsi al lavoro e infine allo studio. Dopo anni di attesa, solo nel 1997, Pierino insieme al fratello e alla sorella, ha fatto visita alla tomba del padre, sepolto nel Cimitero Militare d’Onore Italiano di Ojendorf (Amburgo, Germania) con altri 5849 Caduti italiani.

In segno di rispetto verso la memoria di Giuseppe e degli altri connazionali sepolti ad Amburgo, la famiglia Monaldi ha deciso di non trasferire in Italia il corpo del padre.

Questo è il suo racconto.

Pierino Monaldi è nato a Città di Castello il 17 maggio 1944, vive nella frazione San Secondo. E’ presidente della Sezione di Città di Castello dell’Associazione nazionale famiglie caduti e dispersi in guerra. In occasione del 60° Anniversario della Liberazione di Città di Castello e della fucilazione di Venanzio Gabriotti, Pierino Monaldi ha curato la redazione del libro “Il sangue versato. Caduti miliari e civili dell’Alta Valle del Tevere nella Seconda guerra mondiale”.

Storia di mio padre – L’intervista

12 febbraio 1944 – Il naufragio dell’Oria

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La tomba dimenticata di 4200 soldati italiani

Pochi sanno del naufragio del piroscafo norvegese Oria e degli oltre 4000 militari italiani che vi hanno perso la vita.
La nave di 2000 tonnellate, varata nel 1920, requisita dai tedeschi, salpò l’11 febbraio 1944 da Rodi alle 17,40 per il Pireo. A bordo più di 4000 prigionieri italiani che si erano rifiutati di aderire al nazismo o alla RSI dopo l’Armistizio dell’8 settembre 1943, 90 tedeschi di guardia o di passaggio e l’equipaggio norvegese.

L’indomani, 12 febbraio, colto da una tempesta, il piroscafo affondò presso Capo Sounion, a 25 miglia dalla destinazione finale, dopo essersi incagliato nei bassi fondali prospicienti l’isola di Patroklos (in Italia erroneamente nota col nome di isola di Goidano).

I soccorsi, ostacolati dalle pessime condizioni meteo, consentirono di salvare solo 37 italiani, 6 tedeschi, un greco, 5 uomini dell’equipaggio, incluso il comandante Bearne Rasmussen e il primo ufficiale di macchina.

L’Oria era stipata all’inverosimile, aveva anche un carico di bidoni di olio minerale e gomme da camion oltre ai nostri soldati che dovevano essere trasferiti come forza lavoro nei lager del Terzo Reich.

Su quella carretta del mare, che all’inizio della guerra faceva rotta col Nord Africa, gli italiani in divisa che dissero no a Hitler e Mussolini vennero trattati peggio degli ignavi danteschi nella palude dello Stige: non erano prigionieri di guerra, di conseguenza senza i benefici della Convenzione di Ginevra e dell’assistenza della Croce Rossa. Allo stesso tempo, poi, il loro sacrificio fu ignorato per decenni anche in patria.

Nel 1955 il relitto fu smembrato dai palombari greci per recuperare il ferro, mentre i cadaveri di circa 250 naufraghi, trascinati sulla costa dal fortunale e sepolti in fosse comuni, furono traslati, in seguito, nei piccoli cimiteri dei paesi della costa pugliese e, successivamente, nel Sacrario dei caduti d’Oltremare di Bari. I resti di tutti gli altri sono ancora là sotto.

La tragedia si consumò in pochi minuti ed è stata ignorata per decenni. Eppure si sapeva per filo e per segno come fossero andate le cose. Ci sono le testimonianze dei sopravvissuti, come quella del sergente di artiglieria Giuseppe Guarisco, che il 27 ottobre 1946 ha redatto di proprio pugno per la Direzione generale del ministero un resoconto lucido del naufragio:

Dopo l’urto della nave contro lo scoglio” scrive Guarisco, “venni gettato per terra e quando potei rialzarmi un’ondata fortissima mi spinse in un localetto situato a prua della nave, sullo stesso piano della coperta, la cui porta si chiuse. In detto locale c’era ancora la luce accesa e vidi che vi erano altri sei militari. Dopo poco la luce si spense e l’acqua iniziò ad entrare con maggior violenza. Salimmo in una specie di armadio per restare all’asciutto, di tanto in tanto mettevo un piede in basso per vedere il livello dell’acqua. Passammo la notte pregando col terrore che tutto si inabissasse in fondo al mare.
All’indomani, nel silenzio spettrale della tragedia, i sette riuscirono a smontare il vetro dell’oblò, ma non ad uscire da quell’anfratto, perché il buco era troppo stretto.

Le ore passavano ma nessuno veniva in nostro soccorso (…). Uno di noi, sfruttando il momento che la porta rimaneva aperta, si gettò oltre essa per trovare qualche via d’uscita e dopo un’attesa che ci parve eterna lo vedemmo chiamarci al di sopra del finestrino. Ci disse allora che era passato attraverso uno squarcio appena sott’acqua. Un altro compagno, pur essendo stato da me dissuaso, volle tentare l’uscita ma non lo rivedemmo più.
I naufraghi rimasero due giorni e mezzo rinchiusi là dentro prima dell’arrivo dei soccorsi dal Pireo.

Quello che era riuscito ad uscire ci disse che dove eravamo noi, all’estremità della prua, era l’unica parte della nave rimasta fuori dall’acqua e che intorno non si vedeva nessuno all’infuori degli aerei che continuavano a incrociarsi nel cielo e ai quali faceva segnali. Poco dopo si accostò una barca con due marinai; essi dissero che erano italiani, dell’equipaggio di un rimorchiatore requisito dai tedeschi. Ci dissero di stare calmi che presto ci avrebbero liberati. Ma sopraggiunse l’oscurità e dovemmo passare un’altra nottata più tremenda forse della prima.

Articolo di Lorenzo Sani – Il Resto del Carlino


Su segnalazione dell’amica Renza Martini, aggiungo alla lista degli imbarcati e naufraghi del piroscafo Oria il nominativo non menzionato di SACCUCCI Antonio, nato a Piglio (Frosinone) il 7 gennaio 1919.


Lista degli imbarcati

Alle volte, è questione di buonsenso

Alessano, mette al cimitero manifesto in memoria del padre morto nel lager, il Comune lo rimuove

Ricevo e pubblico la lettera dell’amico Elio Imperato, reputando personalmente l’operato del primo cittadino di Alesanno (probabilmente) legalmente “ineccepibile” ma totalmente inadeguato, in quanto non esiste alcun regolamento cimiteriali che regola appunto l’apposizione di lettere e ornamenti vari purché secondo il buon senso non offendono nessuno e non invadono i loculi altrui.

Un forte abbraccio ad Antonia


Sono Elio Imperato genero di Antonia ALEMANNO figlia dellI.M.I. Donato ALEMANNO che in occasione della Giornata della Memoria per ricordare la tragedia che lo ha colpito e insieme a lui la sua famiglia ha voluto dedicargli un pensiero sotto forma di lettera concretizzata in un cartellone esposto accanto alla tomba situata in un spazio dedicato ai caduti all’entrata principale del cimitero di Alessano dove per altro riposa uno dei vescovi inneggianti la Pace Don Tonino Bello già Presidente di Pax Crhisti e fin qui tutto bene. Il 29 gennaio due giorni dopo mia suocera é stata chiamata dal custode che gli riferiva che il cartello andava rimosso su decisione del Sindaco di Alessano in quanto mancante di autorizzazione da parte sua o degli uffici preposti e che sarebbe bastato riferire a lui o agli uffici e non ci sarebbero stati problemi e di richiamarlo, lunedì 30 dopo aver riferito al custode che la lettera non andava rimossa e di non toccare il cartellone e di riferire al Sindaco che se c’erano dei problemi doveva essere lui a chiamarla visto che lui aveva dato l’ordine di rimuoverlo, mia suocera si è recata al cimitero e la sua povera lettera stava buttata per terra capovolta, al ché ha rimesso il cartellone accanto alla tomba dell’amato papà e andata via. Circa un paio di ore dopo é stata richiamata da parte del custode che aveva il vigile accanto e gli veniva comunicato la definitiva rimozione della sua lettera rinchiudendo il cartellone nella stanza del custode, adducendo sia motivi di autorizzazione ma anche di problemi sul contenuto in quanto venivano menzionati mussolini, hitler, fascisti e nazisti. A quel punto indignata ha fatto affiggere la sua lettera di ricordo in tutto il paese, ha portato a conoscenza della stampa GdM, Corriere del Mezzogiorno e Repubblica Bari tale meschinità ripeto perpetrata dal primo cittadino di Alessano, interessato l’Anpi provinciale e Nazionale che si stanno interessando del caso, interessato l’opposizione consigliare che prontamente ha fatto una nota per richiedere chiarimenti al Sindaco, il tutto compare sui social in particolare FB scatenando l’indignazione di moltissimi cittadini, dove il Sindaco in queste ore ha risposto di fatto con due post uno dove dice basta la legge é uguale per tutti il manifesto era abusivo e andava rimosso ( anche se a casa della figlia ad oggi non é arrivato alcun provvedimento sanzionatorio “MULTA” con relativo articolo di legge violato) e un’altro molti grave dove mette una foto dove é raffigurata la scritta con il suo nome uguale mafia a cui segue un suo commento a difesa della sua onorabilità rivolgendosi ancora una volta ai cittadini che lo stanno inondano di like e msg di solidarietà, anche mia suocera è solidale quando un istituzione viene attaccata paragonandola alla mafia, ma il fatto è, che è la terza volta che compaiono scritte nel paese di tal genere, a lei sembra sinceramente che ci sia in atto la volontà di oscurare l’immensa boiata commessa ossia di aver ancora una volta ammazzato il proprio padre con la rimozione della lettera dove voleva ricordare in silenzio accanto la tomba la tragedia del padre. Questi i fatti e la situazione nella quale mai mia suocera si sarebbe voluta trovare, visto che questo Sindaco nel 2011 ancora una volta la mise alla berlina in pubblica piazza e poi anche allora scoppiò il caso sui giornali sulla copertura delle spese per il rientro dei resti mortali dell’I.M.I. Donato ALEMANNO che il Sindaco aveva promesso di sostenere, spese che in realtà sostenne la famiglia. […]
Giungano a tutti voi i saluti di Tetta ALEMANNO e di tutta la sua famiglia.

Elio Imperato


Per le vicende accadute a Donato Alemanno si veda

Storie – Donato Alemanno


Articoli relativi alla rimozione

LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO

CORRIERE DELLA SERA – CORRIERE DEL MEZZOGIORNO


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Articolo pubblicato sulla gazzetta del Mezzogiorno